Giovedì scorso abbiamo assistito alla proiezione di un nuovo film all’interno dell’iniziativa Nuovo Cinema Olympia, che si pone il fine di ridare vita alla tradizione dei vecchi cinema di quartiere …si tratta de “Il Sorpasso“, del grande regista Dino Risi, realizzato nel 1962, uno dei più rappresentativi del filone della commedia all’italiana, genere di primo piano negli anni Sessanta del secolo scorso.
Il Sorpasso è la storia di due amici occasionali, Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant), studente di diritto, e Bruno Cortona (Vittorio Gassmann), nullafacente, che piomba improvvisamente nella vita del ragazzo cambiandola per sempre.
Nella scena che apre il film, Bruno chiede a Roberto di poter fare una telefonata, ed è lo stesso giovane, ingenuo e generoso, ad accoglierlo in casa, portando l’inaspettato ospite all’interno della sua vita. La stravaganza del personaggio di Bruno è già evidente in questo primo momento, quando questi, nella sua indole spontanea ma, allo stesso tempo furbesca, approfitta della bontà di Roberto. Bruno quasi lo costringe ad affiancarlo nel viaggio di una giornata di Ferragosto, sullo sfondo di una Roma deserta, nella Via Aurelia, simbolo delle domeniche festive della Roma degli anni Sessanta.
E’ centrale in questo racconto il tema del viaggio e della strada, sulla Lancia Aurelia B24, l’auto di Cortona, che li porterà in giro senza una meta, fino a passare dalla Versilia. Un viaggio che creerà uno strano legame tra i due personaggi, opposti ma attratti l’uno dall’altro.
Roberto è un giovane e diligente studente, un ragazzo che crede nei suoi valori mutuati dall’ambiente familiare, che sceglie la via dello studio e del sacrificio in vista del successo in ambito lavorativo e una sana famiglia tradizionale.
Bruno è completamente diverso, il tipico arrivista “all’italiana”, che preferisce una vita senza freni, alla ricerca del piacere e del divertimento, tra le corse a velocità sostenuta con la sua Lancia e il mito del “sorpasso”, le donne, il vino e il rigetto dei legami familiari.
Roberto vede inconsciamente in Bruno un esempio, perché il primo, timido e impacciato, trova nell’altro un modello vincente . Per Roberto è un’iniziazione alla vita, una “educazione sentimentale”.
Questo racconto, come ha evidenziato il nostro Eugenio Enea nell’introduzione al dibattito, è anche una novella simbolica, che ci introduce al pensiero del regista e degli autori: Roberto e Bruno sono le due Italie dei primi anni Sessanta, l’Italia ingenua e buona che ha superato il secondo dopoguerra e gli anni cinquanta, ancora intrisa dei suoi ideali, quelli della piccola borghesia cittadina, che entrano in rapporto e talvolta in contrasto con i nuovi ideali neocapitalisti di Bruno, che non ha valori, né morale . Il suo modello conquista tutti, come si vede nella scena in cui i protagonisti vanno a far visita agli zii di Roberto, affascinati dal personaggio di Bruno .
Una prospettiva geniale quella di Dino Risi, se nel 1979 usciva il volume “La Condicione Postmoderne” del filosofo francese Françoise Lyotard, dove è sancito il passaggio dal mondo moderno al post-moderno, che fa della crisi dei valori assoluti e delle ideologie moderno-borghesi il suo punto unificante. Bruno può essere visto come esempio dell’uomo postmoderno, libero da ogni morale, con dei propri valori personali che contraddicono ogni norma.
Questo film è a detta dei critici uno dei capolavori della commedia all’italiana, all’inizio bistrattato e poco considerato, poi riconosciuto all’unanimità nella sua genialità e nel senso profondo delle riflessioni che lo animano, eppure in molti concordano sul fatto che il film sia già un superamento dello stesso filone, innanzitutto perché i personaggi del film non sono delle macchiette, ma sono delle persone reali con pensieri, emozioni, e dei veri caratteri psicologici, e nell’intento di dare ad essi una individualità unica, Dino Risi fu aiutato certamente dalla sua specializzazione in psichiatria . D’altronde anche l’io pensante di Roberto, che spesso viene contraddetto dalle sue azioni, è una intuizione narrativa importantissima, che rende il personaggio ancora più articolato e complesso.
Il tragico finale, conseguenza dell’ennesimo sorpasso, che risveglia gli spettatori da una vicenda avvincente, e li riporta alla propria esistenza di uomini e donne comuni, rimanda ad una riflessione esistenziale profonda, sul senso del nostro mondo postmoderno e delle nostre azioni, di cosa significa essere maturie responsabili, e come un’Italia come quella degli anni Sessanta, vista da tutti come l’epoca dei sogni e della spensieratezza, del boom economico e della gioia, abbia convissuto con contraddizioni così evidenti all’occhio critico di grandi autori come Dino Risi ed Ettore Scola, che smontano un mondo fatto di illusioni.
La realtà svelata dagli autori è che nella bella Italia degli anni Sessanta, esistevano già le premesse per prevenire la crisi dei giorni nostri, non solo economica, ma anche etica e sociale, prodotto di un capitalismo scellerato che ha portato alla nullificazione degli sforzi fatti da generazioni, il quale ha cancellato le radici degli italiani e il legame con la nostra coscienza storica.
Vi diamo appuntamento a giovedì prossimo, come sempre alle 20:30, nei locali della parocchia, dove assisteremo alla proiezione del film “Gli Onorevoli“. Chi volesse avrà la possibilità di raccontare aneddoti e storie riguardanti i vecchi cinema di quartiere!