Durante la quarta serata dell’iniziativa Nuovo Cinema Olympia è proseguita l’analisi sull’evoluzione della società italiana nel secondo dopoguerra, questa volta vista dal regista Dino Risi nel suo “I mostri“.
Il film proiettato è del 1963, il Paese è attraversato da trasformazioni radicali che modificano i modi di vivere il presente e di pensare al futuro. E’ la fine dell’Italia agricola e delle antiche tradizioni, una società improvvisamente lanciatasi verso il progresso in un processo tumultuoso che disorienta un Paese illuso dalla “Dolce vita” e dal “miracolo“. In questo contesto Dino Risi ci mostra i suoi “mostri”, cittadini plasmati dalla “Grande Trasformazione” degli anni del boom economico.
Il film è strutturato in 20 scenette, ognuna delle quali affronta un argomento diverso, tutte ambientate nella Città Eterna, specchio dei vizi e delle virtù italiane in molti film del genere della commedia all’italiana. Ne traspare una società smarrita, priva di valori, il cittadino italiano è un mostro sociale, privo di scrupoli, incapace di essere una persona onesta e leale.
Ciò è evidente già nel primo episodio “L’educazione sentimentale”, in cui un padre impartisce a suo figlio insegnamenti ispirati all’assoluta disonestà e mancanza di rispetto, pur di prevalere in una società che non avrà pietà dei deboli:
«Il mondo è tondo e chi non galleggia va a fondo.»
Sempre il primo episodio è rivelatore di uno dei mali del cittadino “mostro” italiano, tutt’ora attuale, ed è nel momento in cui il padre mostra al figlio dei manifesti elettorali, dicendogli:
«Anzi, adesso non si chiama più nemmeno Parlamento, si chiama Pappamento, si chiama… Eh… tu ridi… eh… c’è mica tanto da ridere, sai… ci sarebbe da piangere… altro che storie. Perché, vedi, quelli che dovrebbero pensare agli interessi pubblici pensano invece agli interessi propri. Perché purtroppo c’è questa tendenza alla disonestà, questa tendenza alla malafede.»
…atteggiamento rilevatore dell’italica tendenza a scaricare la colpa ai potenti, dimenticando come la classe dirigente è lo specchio di una comunità che sceglie i propri rappresentanti attraverso il voto.
Il film riesce alla perfezione «a trattare in termini comici, ironici e umoristici argomenti che sono invece drammatici» (Mario Monicelli, sul genere della commedia all’italiana) è il dramma di una “Povera Italia”, di «questo miserabile paese che è l’Italia»…della «stronza Italia neocapitalista e televisiva» (come la definiva Pier Paolo Pasolini) che, negli anni del boom, abbandona definitivamente i tratti “dell’Italia povera”, quella contadina e proletaria.
Non siamo molto lontani dall’Italia dei nostri giorni, afflitta da una crisi senza precedenti: crisi non solo economica, ma anche politica e sopratutto socio-culturale. Durante il dibattito si è più volte fatto riferimento all’importanza dell’incontrarsi e del confrontarsi direttamente, senza lasciare la comunicazione di emozioni o impressioni sui film all’agorà del web, Fecebook o YouTube (senza demonizzare questi ultimi, naturalmente), ascoltare altre interpretazioni e cogliere messaggi del film che magari, da soli, non avremmo mai colto.
Ed è proprio la solitudine, l’isolamento, l’alienazione provocata dall’avvento della televisione al centro dell’episodio “L’oppio dei popoli”, dove una moglie riceve in casa l’amante senza che il marito, nel salotto davanti allo scatolone domestico, si accorga di nulla.
Nel film di Risi il progresso è al servizio dell’evasione dai valori e della disonestà, così nell’episodio “Vernissage” un marito esemplare acquista, a forza di cambiali, una Fiat 600 per metterla a disposizione della propria famiglia, ma poi userà l’auto per andare con le prostitute, in forza del fatto che, in macchina, la prestazione costa meno.
Il progresso sembra rendere possibile, nei “I mostri”, all’individuo (il cittadino) una separazione ancora più marcata. Quelli che noi definiamo “mezzi di comunicazione” diventano infine mezzi che ci separano.
“I mostri” sono quindi un ritratto tragi-comico dell’Italia dei primi anni ’60, un ritratto che sembra caricaturiale, ma che con l’andare del tempo e con la fine delle illusioni dell’età dell’oro si è dimostrato molto vicino alla realtà, un cult del genere della commedia all’italiana, attraverso il quale stiamo attraversando la nostra storia nazionale e locale, facendo rivivere la funzione aggregativa del vecchio cinematografo di paese.
Appuntamento quindi a giovedì 21 novembre, 20 e 30, sempre presso i locali della parrocchia, con il film “Il sorpasso” (1962), ricordando che, chi vuole, può raccontare aneddoti relativi al vecchio cinema Olympia di Tremestieri