Ricordare la nostra storia è un modo per capire chi siamo e dove possiamo andare. Ricostruire percorsi, volti, comportamenti, architetture, modi di vivere non è solo una ricerca da archivio storico, è l’essenza delle nostre radici.
Così, nel corso della seconda serata dell’evento “Nuovo Cinema Olympia“, ho avuto la possibilità di leggere alcuni appunti di un mio zio, Francesco Cassata, che ricorda il vecchio cinema di Tremestieri.
«All’inizio (anni ’50/’60, ndr), venivano proiettati film di prima scelta, in pochi avevano la televisione (Padre Milici, il circolo monarchico e pochi altri); quando poi iniziò a diffondersi nelle case e, in particolare, negli anni che precedettero la chiusura, venivano proiettati film di seconda scelta, a sfondo erotico e pornografico, arrivando anche al “2×1” (due film al costo di uno).
Si pagava 105 lire in sala e 135 in tribuna, ci si recava al cinema rigorosamente a piedi, tanto nessuno aveva la macchina. C’era un rito: prima si passava dai signori Villari che avevano una bottega di frutta e si compravano “castagni mmunnati”, “castagni rrustuti”, “luppina” e “nucilla”, chi poteva anche le “gazzusi”.
Nel periodo della “campagna” della Bosurgi, molti camion, in attesa di scaricare in prima mattinata, parcheggiavano lungo la strada; i ragazzi più intraprendenti, i “bastasazzi”, prendevano di nascosto delle arance per poi, durante la proiezione dei film, tirarle dalle finestre del cinema o addirittura nella sala stessa (“a cu pigghiu pigghiu”).
Per un periodo sotto lo schermo veniva messo un televisore per far seguire a tutti “Lascia o raddoppia” di Mike Bongiorno o “Il Musichiere” di Mario Riva.
La sala del cinema veniva affittata anche per ricevimenti di matrimonio, togliendo i sedili si otteneva lo spazio per ballare; venivano forniti i gelati dal Bar Augustus e dal Bar Becco Giallo, i dolci dai fratelli Currò.
La Domenica, di rito, era frequentatissimo dalle famiglie al completo che si organizzavano anche per cenare prima della proiezione.
Tutto ciò è perfettamente fotografato da Tornatore in “Nuovo Cinema Paradiso“, in quanto chi ha vissuto quegli anni ritrova in pieno lo spirito giovanile che li caratterizzava. Erano tempi duri, ma bei tempi.
Spesso e volentieri si verificavano blackout di corrente o si guastava il proiettore; se l’attesa si prolungava veniva firmato il biglietto e si tornava l’indomani per riprendere la visione.
Spesso capitava che lo stesso film venisse proiettato in contemporanea in altri cinema della città: un ragazzo in bicicletta portava il “primo tempo” all’Olympia e il “secondo tempo” allo “Star” (cinema nella zona di Minissale, ndr), così mentre noi guardavamo il primo tempo loro guardavano il secondo e senza aver visto il primo.
Poi un aneddoto di famiglia. Nello spirito goliardico che caratterizza quei tempi e la nostra famiglia, e sicuramente in uno spirito più umano e tollerante rispetto ad oggi, mio padre, amante del cinema, portava me e i miei fratelli ad assistere ai film. Per pagare solo un biglietto, vestiva di un lungo cappotto in cui ci nascondeva. Dalla cassa, rialzata, però, si vedeva tutto e così un giorno gli dissero: “Signor Cassata, almeno paghi un altro biglietto visto che escono otto piedi dal cappotto!”
Il cinema, infine, era strutturato di modo che tribuna e platea avessero accesso allo stesso bagno. Così, i più furbi, pagavano il biglietto per la platea per poi, attraverso il bagno, salire in tribuna. Camminando per il cinema si odevano rumori “cra cra” dovuti alle bucce delle noccioline americane gettate in terra e, spesso, ci si bagnava perché c’era chi, pur di non perdere un minuto del film, faceva i suoi bisogni in sala.»