Il paese di Tremestieri negli ultimi anni, è stato “travolto” dal progresso ed il suo passato sepolto dai nuovi centri commerciali e supermercati che caratterizzano la zona. Sotto molti aspetti, la zona è stata rivalutata ma il cemento rischia di cancellare quei reperti storici che ricollegano il luogo con i secoli precedenti.
Nessuno si interessa del problema, perché è forte l’idea che la cultura non garantisca nessun compenso economico e quindi non si investe in questo settore. Mi chiedo, però, se si potessero riabilitare questi luoghi di storia, non sarebbero mete turistiche da visitare? Non ci sarebbe un’importante attività economico-culturale nella zona?
Tremestieri conserva, seppure in condizioni ormai precarie e ridottissime, la badia Roccamadore che potrebbe svolgere questo ruolo di rivalutazione. Le premesse storiche non le mancano. Infatti, fu fondata nel 1197 dal conte di Paternò, Bartolomeo De Luce e Carlo D’Angiò cercò di sottomettere Messina sbarcando presso la badia con 60.000 fanti ed un esercito ben fortificato, ma il tentativo fallì grazie all’intervento degli aragonesi.
Successivamente la badia assunse il nome di S. Maria di Roccamadore e divenne un noviziato diretto dall’abate Olivero Pignatelli. Nella seconda metà dell’Ottocento cominciarono a sparire gli ordini basiliani e cistercensi e i loro possedimenti vennero acquistati dalla corona. Ciò che rimarrà dell’abbazia verrà ceduto alla famiglia Tagliovia, che trasformerà la struttura in una villa residenziale.
Percorrendo il Dromo, l’antica via aperta dal console Valerio, superato il ponte di Pistunina, alcuni metri in avanti vi è un cancello in ferro che reca scritto “Roccamadore” e che, nonostante non sia di particolare pregio decorativo, fece gola a parecchi principi del tempo.
Il monastero fu anche sottoposto ad esame da parte del re Ferdinando, che inviò un visitatore, il quale annotò la presenza di otto monaci. In seguito ai terremoti del 1800, le proprietà terriere furono smembrate e ripartite a varie famiglie.